Aggiornato martedì 23 maggio 2023

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Circuiti d'epoca

M I S U R A    D E L L A    C O R R E N T E    D I    T R A Z I O N E

Introduzione

Fino ad un qualche anno fa, la visualizzazione in cabina della corrente dei motori di trazione era di fondamentale importanza per il macchinista. Esso doveva infatti tenere sott'occhio continuamente gli strumenti in modo da non danneggiare la macchina e per accorgersi in tempo di eventuali anomalie o slittamenti. Dal momento dell'introduzione del comando multiplo, uno dei problemi che gli ingegneri si sono trovati ad affrontare fin da subito è stato quello di trovare un metodo efficace per poter sorvegliare tutti i motori presenti nella composizione. Fino agli anni '50 era normale installare un amperometro per ogni motore di trazione.
Nel caso della Ae 6/6, ad esempio, in cabina di guida erano disposti ben 6 amperometri identici uno accanto all'altro.
In caso di comando multiplo, però, questo metodo è naturalmente poco pratico: come visualizzare nella cabina anche le correnti dei motori dei veicoli pilotati senza dover installare un numero spropositato di amperometri? Verso la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60, in contemporanea con lo sviluppo dei primi prototipi di RBe 4/4, venne così sviluppato un sistema che permise di ridurre il numero di amperometri a 2: uno per la corrente massima di tutti i motori in funzione e uno per la differenza tra il motore con corrente massima e quello con corrente minima. Il sistema, integrato in tutti i veicoli con comando multiplo di tipo IIId, è utilizzato ancora oggi con successo in tutti i treni costruiti fino a circa metà degli anni '80. In questo breve articolo verrà dunque descritto il circuito, semplice ma poco conosciuto, che permette calcolare questi valori. Non va comunque dimenticato che si tratta di una tecnologia che oggi potrebbe sembrare banale ma che, in effetti, ha rappresentato un primo passo nell'introduzione dell'elettronica moderna nei circuiti di comando dei treni.

Descrizione

Per prima cosa, ogni motore è provvisto di un elemento che permette di rilevare la corrente che scorre nello statore. Generalmente si tratta di un cosiddetto "trasformatore di corrente" (1): attorno al cavo in cui scorre la corrente di alimentazione del motore ("primario" del trasformatore) viene avvolta una bobina con un certo numero di spire ("secondario"), il quale fornirà una corrente più piccola proporzionale alla corrente del primario (ad esempio con un rapporto di 2400/5 nella Ae 4/4 BLS). Particolarmente importante è il fatto che il circuito del secondario deve sempre essere cortocircuitato: in caso contrario, il circuito magnetico del trasformatore potrebbe andare in saturazione e provocare, oltre ad un surriscaldamento, delle scariche elettriche ad alta tensione che andrebbero a danneggiare i componenti.


Schema 1: circuito per un motore di trazione

La corrente di misura generata da (1) viene per prima cosa fatta passare attraverso la bobina di eccitazione di un relais denominato "relais di corrente massima" (2): in caso di corrente troppo elevata, il motore viene automaticamente disinserito. Successivamente, dopo essere stata ulteriormente trasformata in un trasformatore di misura (3), la corrente passa attraverso un raddrizzatore (4). A questo punto, la corrente continua risultante viene cortocircuitata su una resistenza con un valore ben definito (5), sulla quale risulterà una caduta di tensione continua (in realtà pulsante a causa del raddrizzatore, ma per facilitarne la comprensione la considereremo continua a tutti gli effetti). Questa tensione, come spiegato più avanti, sarà usata per la visualizzazione sugli strumenti in cabina di guida. Gli amperometri, infatti, non sono altro che dei voltometri con impressa una scala in Ampere.

Ed ora arriva il punto cruciale: la tensione sulla resistenza risulta indipendente da ogni altro potenziale presente sulla locomotiva. Grazie a questo fatto è possibile collegare assieme tutti i poli positivi di tutti i motori presenti nel treno, in particolare tramite il collegamento Ed del cavo di comando multiplo IIId. I poli negativi, invece, sono separati fra loro tramite dei diodi (6) con l'anodo in comune (collegamento Ee del cavo di comando multiplo).
Grazie a questo accorgimento entrerà in conduzione solamente quel diodo che avrà un polo negativo più negativo degli altri, vale a dire quello del motore in cui scorre la corrente maggiore. La tensione risultante su (7) è quindi quella equivalente alla corrente massima (percorso rosa nello schema 3).


Schema 2: dettaglio

Analogamente, per la corrente differenziale (8) avremo , avremo una tensione corrispondente alla differenza tra la tensione del motore con la corrente massima e a quello con la corrente minima. Per capire meglio possiamo analizzare il circuito con dei valori numerici: poniamo il polo positivo comune a 0V. Le tensioni sui vari poli negativi saranno così minori di 0 (numeri rossi nello schema 2). Dato che la maggior parte delle persone è più propensa a pensare con i valori di tensione positiva, trasformiamo il tutto in positivo aggiungendo a tutti i valori una tensione di 6V, pari al valore più negativo. Avremo così i valori marcati in blu nello schema 3.
A questo punto è chiaro che andranno in conduzione solamente i diodi al potenziale più alto e, rispettivamente, più basso, creando così una tensione sul voltometro corrispondente alla differenza tra i motori 3 e 4 (percorso giallo nello schema seguente).


Schema 3: dettaglio

Per finire alcuni dettagli: in parallelo ai 2 amperometri sono presenti 2 diodi zener, il cui scopo è semplicemente quello di proteggere i voltometri/amperometri in caso di sovratensioni.

Considerazioni finali

Grazie a questo sistema è possibile sorvegliare l'andamento della corrente nei motori in maniera diretta ed efficace. Nonostante alcuni difetti, primo tra tutti l'impossibilità di riconoscere immediatamente quale motore ha dei problemi, si è trattato per lunghi anni del metodo migliore per affrontare la problematica.
Un piccolo problema è però sempre in agguato: per funzionare correttamente, i due veicoli accoppiati devono avere la stessa taratura degli strumenti ((1), (3) e (5)) , altrimenti è chiaro che essi mostreranno sempre dei valori sbagliati. A titolo di esempio, gli NPZ hanno una scala diversa rispetto agli altri veicoli: il risultato è che se si utilizza un NPZ con un veicolo di comando BDt EWII (cosa praticata abitualmente sia in Ticino che altrove) non si potrà far affidamento a quanto riportato dagli amperometri in cabina di guida.

Al giorno d'oggi, questa problematica non esiste praticamente più. Infatti, sui veicoli moderni, tutte le informazioni vengono trasmesse in digitale sul bus del treno ed è quindi molto semplice programmare direttamente via software tutte le operazioni desiderate. Inoltre, al macchinista non interessa praticamente più conoscere il valore istantaneo della corrente nei motori in quanto tutta la trazione è gestita in automatico della centralina.

 

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